I nostri conflitti interni di Karen Horney

Karen Horney scrive questo libro nel 1945, dopo anni di riflessione clinica e personale, con l’intento di offrire una teoria della nevrosi che si discosti dal determinismo freudiano e restituisca fiducia nelle possibilità di crescita dell’essere umano. L’idea di fondo è semplice e al tempo stesso rivoluzionaria: la nevrosi non è tanto un accumulo di sintomi o la conseguenza diretta di pulsioni istintuali represse, ma il frutto di conflitti interni profondi e irrisolti.

Tutti noi viviamo conflitti: desideri che si oppongono, valori che si scontrano, aspirazioni che non si conciliano. Ma mentre nella persona “sana” questi contrasti possono essere riconosciuti, elaborati e infine sciolti attraverso scelte e rinunce, nel nevrotico diventano forze interiori coatte. Sono tendenze incompatibili che agiscono come correnti contrarie, dividendo la persona dall’interno, fino a renderla incapace di prendere decisioni autentiche.

Horney chiama questo nucleo doloroso “conflitto di base”, che si esprime in atteggiamenti contraddittori verso gli altri. La persona nevrotica oscilla tra tre movimenti fondamentali: il bisogno di andare verso gli altri, quello di andare contro di loro e infine quello di allontanarsene. Nel primo caso c’è la ricerca spasmodica di amore, approvazione e protezione; nel secondo domina la spinta al potere, al controllo, al successo; nel terzo prende forma il desiderio di distacco, di autonomia assoluta, di isolamento difensivo. Nessuno di questi atteggiamenti è negativo in sé: lo diventano quando si fissano in strategie rigide e compulsive, che non lasciano spazio alla spontaneità.

Il nevrotico vive dunque in un continuo tira e molla: desidera affetto, ma nello stesso tempo diffida degli altri; vuole imporsi, ma teme il rifiuto; cerca indipendenza, ma soffre di solitudine. Da qui nasce la sua alienazione, il senso di non coincidere mai davvero con se stesso.

Per sopravvivere a questa tensione lacerante, l’individuo mette in atto vari tentativi di soluzione. Alcuni cercano di negare una parte del conflitto e di dare prevalenza all’opposto: reprimere l’ostilità diventando eccessivamente accondiscendenti, oppure soffocare il bisogno di affetto diventando aggressivi. Altri scelgono il distacco, illudendosi di poter annullare i conflitti evitando legami troppo stretti. Altri ancora costruiscono una sorta di immagine idealizzata di sé, una maschera grandiosa o perfetta che sostituisce il vero sé, trasfigurando i conflitti in tratti apparentemente armoniosi. Infine, vi è chi proietta tutto all’esterno, attribuendo al mondo la colpa di ogni tensione interiore: è la strategia dell’esternalizzazione.

Ma nessuna di queste vie porta alla pace. Anzi, finiscono tutte per aggravare la situazione, irrigidendo i conflitti e moltiplicandone gli effetti. Ne derivano paura diffusa, impoverimento della personalità, perdita di autenticità e, nei casi più estremi, un ricorso a forme sadiche di dominio e sfruttamento come compensazione. Il nevrotico cade così in un circolo vizioso: più cerca di risolvere i conflitti con queste soluzioni illusorie, più essi si rafforzano e lo intrappolano, fino a sfociare nella disperazione.

Horney però non si ferma a questa descrizione drammatica. A differenza di Freud, che considerava l’uomo condannato a soffrire e a sublimare i propri istinti distruttivi, lei afferma con decisione che l’essere umano possiede la capacità e il desiderio di sviluppare le proprie potenzialità. I conflitti nevrotici non sono inevitabili né irreversibili: possono essere risolti lavorando sulle condizioni interne che li hanno generati, recuperando un contatto autentico con i propri desideri, costruendo valori personali e reali, instaurando relazioni basate sulla realtà e non sulla maschera idealizzata.

La terapia, perciò, non è riducibile a una tecnica di controllo dei sintomi, ma diventa un cammino di trasformazione profonda: smantellare le difese illusorie, sciogliere le tensioni contraddittorie, ritrovare la spontaneità e l’integrazione. È un lavoro lungo e difficile, ma possibile.

In definitiva, il libro “I nostri conflitti interni” ci mostra come la nevrosi non sia una condanna immutabile, ma una sfida che rivela la fragilità e insieme la forza dell’essere umano. La persona nevrotica, scrive Horney, non è priva di speranza: se trova il coraggio di affrontare i propri conflitti e di rinunciare alle false soluzioni, può liberarsi dalle catene interiori e scoprire una vita più autentica, fondata sulla fiducia in sé e sulla capacità di amare.


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